“Dobbiamo riaprire o per molti di noi sarà impossibile sopravvivere. Non ha senso essere chiusi quando settori del commercio similari ai nostri continuano a lavorare”. E’ Dino Spallanzani, presidente di CNA Commercio Reggio Emilia, che lancia un grido di allarme in rappresentanza delle attività commerciali del settore abbigliamento/calzature escluso dalla tabella 23 dell’ultimo Decreto e che sta vivendo una situazione insostenibile.
Sono, infatti, drammatiche le conseguenze che l’emergenza Covid-19 ha sul settore con il susseguirsi di limitazioni che hanno colpito i negozi e che, questa volta, li vedono fra i pochi a scontare il peso di un’ennesima chiusura giudicata inaccettabile dagli operatori e anche da CNA.
“Mentre le norme in vigore impediscono alle aziende di abbigliamento e calzature di lavorare, se non online, altre aziende del commercio affini per tipologia possono restare aperte - ribadisce Spallanzani - In questo modo tutte le attività di “vicinato” rimangono al palo, mentre i colossi del web hanno la strada spianata con le restrizioni previste in zona rossa”.
Non solo. La discriminazione prodotta dalle ultime norme ha creato anche confusione: sono tanti gli esercizi che rimangono aperti perché nella loro proposta commerciale figurano pochi articoli tra quelli autorizzati. Ma cosa succede se il cliente vuole acquistare anche un capo di abbigliamento “proibito” in zona rossa?
Insomma, gli escamotage possibili per aggirare le restrizioni imposte dal DPCM in zona rossa sono comprensibili a livello umano, anche se non sono condivisibili dal punto di vista dell’Associazione, che denuncia: “la situazione sta diventando realmente insostenibile. La pandemia è andata a colpire un settore già in difficoltà che negli ultimi 9 anni ha registrato la cessazione di tanti punti vendita. Le vetrine sfitte in centro storico aumentano mese dopo mese.A questo si sono aggiunte una capacità di spesa per le famiglie assai inferiore rispetto agli anni precedenti. Il commercio legato al settore moda, per le specifiche caratteristiche del suo prodotto, ha una capacità di vendita limitata alla stagione in corso e che vive di collezioni stagionali, ordinate anche 8 mesi prima dell’arrivo dei prodotti in store, con importanti investimenti in merce che, con ogni probabilità, resterà ferma in magazzino, perdendo parte del proprio valore”.
“Siamo vicini a tutte le categorie che stanno soffrendo – aggiunge Mauro Sironi, titolare negozio Confezioni Sironi Uomo - e la priorità assoluta è la salute delle persone. Tuttavia, non vogliamo essere dimenticati e soprattutto non riteniamo giusto ci siano disparità di trattamento a parità di condizioni: se può lavorare in sicurezza un negozio di intimo, sport o abbigliamento per bambini, può farlo anche uno di abbigliamento/calzature per adulti. Non c’era assembramento nei negozi già prima del covid, ancora meno dopo lo scoppio della pandemia”.
Per i commercianti risulta quindi evidente l’impossibilità di poter resistere in un simile contesto e la necessità di prevedere quanto prima la riapertura delle attività che non possono essere definite “portatrici di contagio”: gli esercizi commerciali hanno protocolli di sicurezza che rendono sicura la frequentazione da parte dei clienti.